Lanterne Rosse in via Po, la classe operaia va in Paradiso - L'Espresso

2022-08-08 09:08:39 By : Ms. Jane Song

L’onda lunga delle estati all’italiana si infrange anche tra le stanze della redazione de “L’Espresso” in via Po. E come un camaleonte, si trasforma in una parola d’ordine: “Le vacanze intelligenti”. Oddio, non che le nostre vacanze fossero cretine, ma un po’ di snobismo sotto gli ombrelloni non guasta. Sempre con impegno e umorismo. E tanta santa trasgressione. Ma prima delle sudate ferie tricolori, l’Europa si concede una stagione, che non sarà breve, di “rivoluzione”.

Il vento della contestazione soffia forte in Francia. Si scatena a maggio. “Nelle strade di Parigi si può decidere il futuro dell’Europa” (2 giugno 1968). A muoversi sono prima gli studenti e poi gli operai. Ma c’est n’est pas qu’un debout, continuons le combat”. Infatti si mobilitano pure i “Cowboy della rivoluzione (23 marzo 1969)”, ovvero la strana coppia formata dal regista Jean-Luc Godard, da Dany Le Rouge e il leader studentesco Cohn-Bendit, per creare un nuovo genere cinematografico: la contestazione western. Da qui nasce il film di Godard “La Chinoise”, tra sesso e barricate, che al cinema d’essay “Nuovo Olimpia”, nel centro di Roma, infiamma i nostri rivoluzionari in erba sulle note della colonna sonora: “Le Vietrnam brule et moi je hurle Maò Maò. Le villes crèvent et moi je reve Maò Maò. Les puteins crient et moi je ris MaòMaò. Le ris est fou et moi je joue Maò Maò…”. Il Movimento studentesco elegge i suoi leader: Mario Capanna a Milano, Oreste Scalzone a Roma.

Il filosofo e scrittore Jean-Paul Sartre, amante delle buone letture e delle sigarette Gauloise, non è da meno. Firma come direttore responsabile il giornali più denunciato di Francia “La cause du peuple”, «organo de la gauche prolétarienne», spiega il corrispondente da Parigi Marmori, «maoista e per auto definizione “giornale comunista, rivoluzionario proletario”». Sulle sue pagine si fanno già le barricate. Un esempio: “All’esercito bianco dei terroristi (…) e dei torturatori basta opporre l’esercito rosso del popolo. Allora, vinceremo, perché il potere è in fondo alla canna del fucile (citazione dal “Libretto rosso” di Mao Tze Tung, ndr.)”.

Dal 12 aprile 1970 “L’Espresso” cambia direzione. A Gianni Corbi succede Livio Zanetti. Con Livio si raggiungeranno picchi di vendita vertiginosi, dalle 300 mila copie in su, grazie a iniziative e supplementi. Cambia la direzione ma non la vena polemica e dissacratoria. “La donna al maschile si dice verme”, rivela il settimanale (16 maggio 1971) e racconta che «le erinni del femminismo francese», ovvero le signorine del Mouvement pour la libération de la femme, «hanno tenuto i loro stati generali e promulgano la loro costituzione. Articolo 1: l’uomo non c’è più».

Dagli Stati Uniti Jane Fonda lancia “Un modo nuovo di fare la donna” (5 settembre 1971). La Pulzella d’America si divide fra set e comizi, spesso al fianco della combattiva leader del black power “rosa”, Angela Davis e al primo convegno indetto a San Francisco dalle femministe americane si proclama «il piano d’attacco al sistema repressivo maschile». Insomma, viene partorito uno slogan universale: “L’utero è mio e lo gestisco io”.

Letta la scandalosa autobiografia di Arthur Miller, uno dei tanti ex mariti di Marilyn Monroe, Romano Giachetti scopre che “L’uomo onesto di mogli ne ha cinque” (6 febbraio 1972). Non solo. Per tenersi in forma la mente e il corpo gioca a ping pong. «Ci si dedica ancora con il vigore d’un ragazzo, due ore al giorno. Spesso gioca con donne di passaggio. A quelle, garbato come un saggio orientale, dice: “Spogliati, per favore, mi aiuta a giocare meglio. E quelle si spogliano. Un documento del libro ci mostra una bionda formosa, completamente nuda; e lui, dall’altra parte del tavolo, mezzo sognante con la racchetta in mano».

Ai maschi sporcaccioni una lezione la impartisce a Parigi la dea del Crazy Horse. Infatti, «per collaborare al riscatto della donna, Rita Renoir lancia uno spettacolo ideologico a tesi. Protagonista il diavolo». E naturalmente, lei, “Nuda come un’arma” (9 aprile 1972). L’inviata Lia Quilici (ricordiamo che è la moglie di Telesio Malaspina, entrambi nom de plum (?) per i giornalisti che non volevano firmare con il loro nome) accorre sul piccolo locale sulla Rive gauche, il Théatre de Plaisance, dove è in programma il bollente “Le Diable”. E annota: «Molti ricordano che durante i suoi primi happening ogni tanto esasperava fino all’esasperazione qualcuno del pubblico e poi lo schiaffeggiava con violenza (…). Rita Renoir entra in scena avvolta con una cappa nera che lascia liberi i seni secondo l’iconografia de “L’Histoire d’O” e qualche attimo dopo è completamente nuda. Durante la prima parte dello spettacolo, ogni tanto Rita Renoir si rivolge agli uomini in sala: “Monsieur, vuol venire qui a toccarmi? E voi due, volete salire sul palcoscenico a far l’amore con me? Chi vuole cominciare?”. Alcuni farfugliano qualcosa fra i denti, i più sprofondano imbarazzati tra i braccioli. Nessuno osa raccogliere l’invito».

A modo suo, l’invito lo raccoglie “L’Espresso”, che oltre a essere un fan storico della Renoir, specie nella stagione 1972 inonda le pagine degli spettacoli con i topless di attrice e attricette: se serve una tetta intellettuale, ecco Adriana Asti e Marilù Tolo; per la tetta zozzetta e un po’ perversa, s’avanzano quella scandinava e lolitesca, ecco Janet Agren; per le tette terzomondiste, le migliori sono quelle di Zeudi Araya. Per la, cronaca, anni dopo l’eredità di Rita Renoir verrà presa al Crazy Horse da Rosa Fumetto. Nuda, immersa in una mega coppa di champagne, delizia senza pudore il pubblico. Inizia la stagione del genere burlesque.

Umberto Eco viene mobilitato in difesa della stampa erotica (“Ma cos’è questa pornografia?”, 2 febbraio 1975). Lo scrittore tira le orecchie a un cavallo di razza scudocrociato: «E se Fanfani avesse la competenza sociologica e quella lungimiranza storica che tutti gli negano, capirebbe che la diffusione della pornografia è un capitolo fondamentale della restaurazione strisciante, uno dei modi per avere un elettorato passivo, lontano dalle polemiche sul divorzio o sull’aborto, e persino disinteressato di fondi neri. Ma lui, pare, non legge». E dopo l’exploit teatrale di Rita Renoir, il settimanale accoglie a braccia aperte quello cinematografico di una sconosciuta Corinne Clery: “Histoire d’O. Così parlò Kamasutra” (4 maggio 1975). Il celebre romanzo diventa film, «fra tonnellate di glutei, cilici e gemiti in puro stile porno-kitsch», si infervora Marmori. E prosegue: «Nel film, “O” verrà interpretata da certa Corinne Clery, una gradevole e ignota bruna di 25 anni. (…) Corinne è tonda abbastanza, non quanto però l’originale, e non è più adolescente. Nasce poi da famiglia agiata e non sembra particolarmente perspicace».

Conosco Corinne Clery da poco più di un anno. Fu lei a contattarmi: amante dei cani, venne colpita dal mio Mario. Corinne vive in una bella e verde tenuta nella campagna di Tuscania, “il Coco”. Ospita turisti nelle stanze che affitta, in cerca di relax, di sole e di bagni in piscina. Un’ora e un quarto di macchina lungo la tranquilla Cassia bis, e torno dalla Clery per chiederle, visto che abbiamo appena ricordato quanto le scrisse “L’Esprsso”, qualcosa di quel film. Corinne è ancora una bella donna, di pochi anni più anziana di me. Vive da sola. I figli sono in Francia. E si occupa direttamente della gestione della sua “impresa” molto familiare ma co n un tocco di ricercatezza molto parisienne.

«Come sei stata scritturata per quel film?». «Vivevo con i miei a Parigi. Per un po’ ho tergiversato, poi ho accettato di andare a un provino. Vado, ma senza grandi speranze; sapevo che davanti al regista avevano sfilato centinaia di ragazze. Viene il mio turno, non mi chiedono di spogliarmi, vengo prescelta».

D.: «Come venne accolta l’uscita del film in Francia?». «Riscosse subito un successo enorme. L’assurdo è che venni contestata dalle femministe. Non avevano capito il senso liberatorio del film. Del resto io sono un’attrice, non una suffragetta. E nemmeno un’esibizionista. Mi piace il mio corpo e troppo tardi ho capito la potenzialità della mia fisicità. No, non mi sono mai sentita un sex-symbol. Ti voglio raccontare che mentre in albergo mi preparavo per la prima del film, con un certo spavento spiai dalla finestra della suite della mia stanzao: che impressione! Un mare di folla che dall’avenue des Champs E’lisée fino allArc de Triomphe du Carrousel voleva vedermi».

«Abbiamo detto dei tuoi fans. E la critica, la stampa?». «Il settimanale politico e culturale “L’Express” mi dedicò una copertina con una delle foto più nude e crude del film. Il suo direttore, Jean-Jacques Servan-Schreiber, politico, scrittore, oltre che giornalista, è diventato un caro amico».

«Nel film, nuda, sei legata e fustigata. C’è molto sadismo. Che impressione ti fa oggi rivedere il film?». «Bien, ho provato una noia mortale, un film per educande. Naturalmente non ho avuto controfigure. Potrei girare nuda per Tuscania, talmente sono libera da pregiudizi. Quanto alle frustate, erano delle dolci carezze...».

Negli Stati Uniti «due sociologi dimostrano che l’erotismo di gruppo giova all’America» ( “E’ un patriota: dorme in comitiva” , 11 aprile 1971). Lo swinging o sesso collettivo per rivitalizzare la depressione a stelle e strisce, viene teorizzato, scrive Romano Giachetti, dai coniugi Bartell: «Nel trio o nella doppia coppia le cose sono più delicate (…) tanto che perfino il linguaggio è mantenuto allusivo, mai volgare. Così si parla di amore alla francese (orale), alla romana (orgia), alla greca (anale), all’inglese (sadomasochismo), alla tv (travestiti), alla polaroyd (voyeurismo). Il sesso, poi, può essere “chiuso”, tutti in camere diverse, o “aperto”, tutti insieme (…). I Barrell raccontano che quando a una coppia marito e moglie, eccitati da tanto baccanale, cercano di fare all’amore tra di loro, tutti gli altri insorgono e li fermano: “Questo non è permesso, è incesto”».

Il 1975 segna un’altra importante battaglia civile e sociale di cui “L’Espresso” si fa promotore. Dalla mia intervista all’avvocato Oreste Flamminii Minuto leggo:

Domanda: «Quella storica e scandalosa copertina del 1975, intitolata “Aborto: una tragedia italiana”, raffigurava una donna nuda, incinta e messa in croce, suscitò un vespaio. Perché?».

Risposta: «Facciamo un passo indietro, all’anno prima. Il 13 gennaio “L’Espresso”, che era ancora in formato lenzuolo, aveva in primo piano il referendum abrogativo del divorzio, approvato grazie ai deputati Fortuna e Baslini. Una valanga di “No” restituì al paese una legge civile. In copertina il risultato del referendum venne salutato con uno sberleffo: una lingua con sopra la percentuale del voto. Torniamo alla copertina del 1975. Ebbe un impatto visivo enorme e venne denunciata per vilipendio della religione. Finiti al giudizio della Cassazione, il direttore Zanetti e l’autore dell’articolo vennero assolti “perché il fatto non è previsto dalla legge come reato”».

Arriviamo al 1976: Se Zanetti spedisce Sergio Saviane a Uscio (più si caga, più si dimagrisce), ai lettori consiglia di meglio: Vacanze intelligenti. E le vacanze intelligenti, come vedremo, diventa un appuntamento estivo oltre che un tormentone. Vacenze intelligenti come quelle che consigliano un viaggio alla Gohete nell’arte italiana (18 luglio 1976), oppure a contato con la natura italiana (17 giugno 1978). Chi fa vacanze deficienti è l’aspirante re d’Italia, Vittorio Emanuele di Savoia. Il “re di Cavallo” (3 settembre 1978), isolotto vip della Corsica, arricchisce il suo pédigree con «criminali imprese di artigliere marittimo», come le chiama Gabriele Invernizzi.

La stagione dei “mesi intelligenti” viene anticipata con una locandina pubblicitaria: “Le Vacanze intelligenti: l’estate apocalittica: quest’anno si gioca alla sopravvivenza in montagna, al mare, nell’albergo abbandonato. Mostre, spettacoli, festival: calendario ragionato delle più importanti manifestazioni. Itinerari insoliti: quattro viaggiatori stravaganti scoprono la vecchia Europa. I libri del sole: classici e novità da leggere per approfittare dei giorni liberi (li consigliano Umberto Eco, Elio Chinol, Giuseppe Galasso). Italia tecnica e magica: itinerario fra le testimonianze del mondo moderno e le sopravvivenze dell’antico”. Sotto, la foto di una splendida ragazza bionda e nuda, bandana a tenere i capelli, la bocca a sfiorare una fisarmonica, bracciale ai polsi e cavigliera al piede. Quello che colpisce è la ricerca e la raffinatezza dei nudi che propone “L’Espresso”, Tanto erotismo e mai una goccia di volgarità.

Tirano bene anche le “Vacanze orientaliste”(“Cinquemila al giorno, Buddha compreso”, 18 giugno 1978), da trascorrere in “campi di meditazione” e in compagnia, come annota Marisa Rusconi, «di guru, yoghi, professori junghiani e danzatori più o meno seri». Ma la grande questione è un’altra: “La coppia deve dividersi per almeno un mese all’anno?”. Interrogativo amletico che merita la copertina e il proclama: “Vacanze separate” (23 luglio 1978). A illustrare “Le vacanze separate” vengono fotografati due ragazzi. Lei in topless bianco e bianca la sua collana, svolazza felice e a piedi nudi sulla sabbia. Lui, un po’ depresso, si allontana mogio mogio nel suo costume hawajano.

Andiamo a leggere l’articolo. Sommario: Costume / Le vacanze separate. Titolo: “Finalmente sola”. Sì, è davvero sola la ragazza nuda con gli occhi chiusi da sognatrice, distesa al sole accanto a un windsurf. Sui seni e sul sedere risalta il bianco del bikini che si è sfilata. Veniamo all’incipit: “Lui lì / Lei là / E gli altri? Chissà”. E’ il couplet per l’estate: insomma le vacanze separate. Un modo diverso di interpretare la villeggiatura e la vita di coppia? Le vacanze per proprio conto come ricerca di un ménage in crisi? Come ripensamento e addirittura come un’infrazione ai vecchi comandamenti del vivere insieme?”. Seguono le testimonianze dei pionieri di queste vacane. C’è l’avvocato trentacinquenne benestante ed emancipato che legge “Lotta continua”; e l’arredatrice ventinovenne che al lavoro nel suo studio alterna le riunioni del collettivo femminista del quartiere. E gli esperti del settore come la pensano? Il regista Marco Ferreri (“L’ultima donna”, “Ciao maschio”) non ha peli sulla lingua: «Cosa credono queste coppie, che un mese di lontananza le fa tornare differenti? Al massimo si fanno tre scopate in più, se ci riescono, ma questo non ha mai risolto nessun problema». Lidia Ravera, scrittrice (“Porci con le ali” con Marco Lombardo Radice), è anche lei sul fronte del No: «Le vacanze separate mi sembrano un trucchetto a cui ricorrono tutte quelle persone che non hanno mai fatto l’esperienza dell’autonomia: questa si misura nella vita quotidiana, non certo separandosi per qualche settimana». Rileggendo l’articolo ci viene un sospetto. Non sarà che le vacanze separate spaccano le generazioni? I ragazzi e le ragazze intervistati sono tutti del partito del Sì. «Fa bene stare un periodo senza vedersi: Quando torni tutto è più bello di prima, anche lui è più bello», è la voce, fra le tante, di Luciana, studentessa di filosofia. Meno teorica e più pratica è Teresa, una biondina di vent’anni: «La vacanza separata significa libertà in tutto, anche nei rapporti sessuali».

Facile a dirsi, un po’ più complicato il farsi: come, dove, quando, con chi? Già, con chi? Bel problema. Anche perché s’avanza una nuova protagonista della stagione: “E’ la donna del momento. Bella, complicata, fra i trenta e i quaranta” (28 maggio 1978). Lucilla Casucci ce la presenta: «Realizzata ma disperata, emancipata quanto insoddisfatta, ambiziosa e insicura, anticonformista, romantica, impegnata, disillusa (…). E’ lei, la trentenne, che adesso detta le mode, fa notizia, conta». Una tipa anche molto curiosa che, tra l’altro, vuole esplorare le vie della sessualità. Tanto più che lì le cose non è che vadano proprio bene. Dagli Stati Uniti “L’Espresso” diffonde il “Rapporto Hite”, redatto da una studiosa americana Shere Hite, laurea alla Columbia University di New York (Mr. Orgasmo? C’è una signora che aspetta”, 6 novembre 1977).

Nel 1979 le conquiste del femminismo non hanno barriere. Scavalcano anche le corde del ring. “Botte da donne” recita il titolo . Le ragazze sono una francese di origine italiana, Lina Magnani e la fiamminga Cleo Dewert. L’ “evento” si è tenuto al Teatro Tenda di Roma e ad applaudire “Femme catch, le donne sul ring”, spettatori di eccezione: come il regista Sergio Leone e l’attore Giuliano Gemma. Ironico il finale dell’articolo: «Per un’ora, sul ring, Lina, Cleo e altre loro due colleghe, hanno fatto finta di darsele di santa ragione , con discreto spasso di tutti. Forse se gli organizzatori avessero invitato quattro femministe romane di diversa tendenza, le botte si sarebbero viste sul serio». Quattro le foto che accompagnano il match. Nella prima sembra avere il sopravvento la leoapardata Cleo, ma presto finisce alle corde, tra calci e testate nel ventre e la bocca spalancata…

Una possibilità che il formato tabloid dà ai grafici è quella di dividere in due o tre parti la copertina. Prendiamo quella del 13 aprile 1980. Tre le foto. In alto un terrorista che punta una Beretta (“Un mitra si aggira per l’Europa”). In basso un contrasto di gioco e “Il memoriale del super testimone” del calcio truffa. Al centro la splendida Ilona Staller, seni nudi in vista, seduta su un trono dorato dove i braccioli hanno la testa di due capricorni. Collane, bracciale e una corona da regina del porno fanno brillare la sua pelle bianca come il latte. Titolo. “Rai-tv erotica. Ne vedremo delle nude!”.

Dopo aver spogliato attrici e debuttanti, il principe di “Playboy” Hugh Hefner se n’è inventata un’altra: è la volta delle segretarie. Lasciamo perdere i nomi delle ardite, non dicono niente. Molto di più le loro foto: bei seni, lunghe gambe, natiche toste e sguardi malandrini. Il “Playboy” italiano è fedele alla linea dell’eros a stelle e strisce. Con l’obiettivo di Angelo Frontoni inaugura la galleria di “donne qualunque”, come Francesca Guidato, segretaria di una galleria romana: ha un seno scoperto, l’altro coperto maliziosamente dal reggiseno e con unghie delle lunghe mani laccate di rosso. Sia made in Usa o made in Italy, delle ragazze non si deve mai vedere il basso ventre né il suo boschetto. Nella scheda “Miss autoscatto” si dà voce alla protesta risentita dei redattori de “Le Ore”, leader assoluto nel settore più spinto (80 mila copie a numero in media): «Ma cosa credono quelli di “Playboy”, di avere veramente scoperto l’America?Sono anni che noi pubblichiamo solo nudi di donne qualunque». E il successo è tale che “Le Ore” ha perfino lanciato un concorso: in palio il titolo di “Miss Autoscatto”, dalla omonima rubrica Autoscatto dove si celebra il trionfo del porno casareccio.

A essere sinceri, in questa stagione è un’altra l’aria che tira nel paese. “L’Espresso” la sintetizza con una copertina dove un bel sedere femminile diventa l’obiettivo di una freccetta. “Italia volgare” (31 gennaio 1982) è la scritta, contornata da “sederi”, pierini, pernacchie, storielle goliardiche. E a scegliere “Le cronache dell’Italia volgare” è la penna di Dante Matelli. Che dopo aver esplorato “Viva la foca”, film con Lory Del Santo e “Pierino contro tutti del due Alvaro Vitali & Michela Miti, attacca: «Ben cinque minuti al cazzo, durante una tranquilla trasmissione domenicale, in origine, forse, programmata per le famiglie. E’ accaduto a “Blitz”, il 10 gennaio scorso, per iniziativa di Giorgio Bracardi, macchiettista in linea con i tempo. “Ma tu vuoi mettere il pipino di Spadolini con la mazzaferrata di Predappio?”, è stato l’esordio virilnostalgico dell’attore». Il 16 maggio di quell’anno si preparano le valigie e si riorganizzano le idee per l’estate. “L’Espresso” offre un suggerimento: “Vacanze: fatele in Italia”. Bella e un po’ surreale la copertina. Una splendida mulatta corre nuda verso il mare dove biancheggiano le onde. Alla sua sinistra si erge una scala bianca come le onde. A Giorgio de Chirico sarebbe piaciuta. Già: ma dove porterà quella scala, Tirreno o Adriatico?

Stagione di scazzi e stagione di donne con le palle, come suggerisce anche il leghista Roberto Maroni, parlando di una sua dipendente, capo gabinetto. E le “donne con le palle” appaiono anche sulla copertina de “L’Espresso” (23 settembre 1994). Una di loro, Letizia Moratti (“Nelle mani di donna Letizia), era arrivata al vertice della Rai, provocando un terremoto. Il giornale si chiede: “Lottizzata o indipendente? Manager navigata o principiante? Prima o seconda Repubblica? Meriti e segreti della signora Brachetti Moratti)”. Figlia di quell’Angelo Moratti, industriale e presidente della grande Inter di Helenio Herrera, e sorella di Massimo e di Gianmarco, la risposta ai quesiti arriva sulla copertina del 30 settembre 1994, E’ una copertina a due volti: da una parte c’è “Santa Moana”, “Nuovi miti. Vita, morte e apoteosi di una pornostar”, in cui appare Moana prematuramente morta (il suo mito, creato “in società” con Riccardo Schicchi, patron della Diva Futura, sede in campagna, strip estremi nei locali di via Veneto) è talmente vivo ancora oggi che molti suoi fans sono convinti che sia ancora viva e si sia rifugiata in un convento). Dall’altra, ecco la “Letizia tragica”, “Vecchi vizi: la presa del potere di Berlusconi”.

Sul numero del 21 ottobre 1994, il giornale dà notizia che la “Marescialla” chiede 10 miliardi di lire”. La Moratti querela per diffamazione Rinaldi e Pansa. “Tra politica & salotti” impazzano “Le donne delle due Repubbliche” (28 ottobre 1994). Le racconta Denise Pardo e ci fa sapere che «alcune orfane di Bettino, sono approdate da Silvio. Altre annaspano in mezzo al guado. Altre ancora si sono ritirate a vita privata». Seguono «fasti e nefasti di dieci signore-simbolo». Da Marina Ripa di Meana a Maria Pia La Malfa, da Alda D’Eusanio ad Anja Pieroni e via elencando.

Un amarcord d’autore lo offre un inedito di Pier Paolo Pasolini (“Federico”, 19 gennaio !992). E’ il 1965 e in macchina assieme a Fellini parte alla ricerca della “Bomba”, la “mitica battona romana”. Comincia così: «Ricorderò sempre la mattinata che ho conosciuto Fellini: mattinata “favolosa”, secondo la sua linguistica più frequente. «Siamo partiti con la sua macchina, massiccia e molle, ubriaca ed esattissima (come lui), da piazza del Popolo, e di strada in strada siamo arrivati in campagna: era la Flaminia? L’Aurelia? La Cassia? L’unica cosa fisicamente certa era che si trattava di campagna, con strade asfaltate, benzinai, qualche casale, qualche ragazzo in bicicletta un po’ burino e un’immensa guaina verde, imbevuta di sole ancora freddo che rivestiva tutto. Federico guidava con una mano e dava arraffate qua e là al paesaggio, rischiando continuamente di schiacciare i ragazzetti burini o di finire nel fosso, ma dando però l’impressione che ciò, in realtà, era impossibile: guidava la macchina magicamente come tirandola e tenendola sospesa con un filo».

E che ti combina Chicco Testa, allora alla presidenza dell’Enel, primo boiardo diessino dell’era Prodi? E’ l’amante focoso che compare nel fotoromanzo d’antan “Donna di cuori o di denari?”, «pubblicato nel 1985 sul primo numero di “Lucciola”, periodico dalla parte della prostitute diretto dalla saggista Roberta Tatafiore» (“Dalle lucciole all’elettricità”). Più villoso sul cuoio capelluto che sul petto, Chicco sbaciucca la partner , che è proprio la Tatafiore: «Daniela, Daniela, mi piaci… Sei il tipo di donna che può farmi impazzire». E lei, languida: «Me l’hai già detto. Dimmelo un’altra volta». Furono invece “Sgominati da una pernacchia” (23 maggio 1996) i compagni di Servire il Popolo, i maoisti italiani che nel ‘68 fondarono un partitino e un giornale, e si votarono all’integralismo comunista (all’indice l’infedeltà!), fra comuni, matrimoni rossi e collettivizazioni. Per il loro piccolo Mao c’era pure una cantilena: “Viva, viva Meldolesi, il gran capo dei cinesi…”. I più cinici (vedi i “compagni” di Potere Operaio che nel pomeriggio del sabato sfilavano nel centro delle città, terrorizzando gli amanti dello shoppimg, caschi da centauro, mazze di ferro e a proteggere il corteo i katanga foulard sul volto e molotov in mano. La sera si scatenavano ai tavoli del poker ) li soprannominarono Servire Il Pollo…

Che al direttore Claudio Rinaldi piacciono le donne è un fatto (tipologia Jo Champa o Veronica Pivetti). Che ami guardare le belle donne è un altro fatto. Che non perda occasione per sbatterle nude in copertina è una certezza. Al di là di alcune copertine canoniche che un po’ tutti i direttori fanno nei momenti di magra, da come curare il mal di testa alle allergie, dalle coppie in crisi all’adulterio, fino alla diatriba nucleare, per fare un esempio. Rinaldi batte tutte le strade dell’eros. Per cominciare, non butta niente: non solo copertine con star e rockstar (adora il genere coatto-chic-trasgressivo stile Courtney Love & Asia Argento), ma spazia da anonime ucraine al Calendario Pirelli fino ad Alba Parietti. Ma sono le top model le sue fissazioni. Claudio, infatti, adora le sfilate (come le partite della Roma). Claudia Schiffer (“Oh, Claudia”, 3 giugno 1994) Le immortala nude in copertina praticamente tutte: Naomi Campbell (“La dittatura dell’apparenza”, 26 aprile 1992) e Carla Bruni (“Oh, Carla, 22 novembre 1992) e Nadja Auermann (“Nadja!”, 16 settembre 1994). Si risuscitano nudi d’annata, da Jane Fonda a Brigitte Bardot fino a Silvana Mangano.

Fondamentali anche gli interrogativi e le tematiche che dibatte il giornale. “Come fanno l’amore gli italiani”; “Oggetto del desiderio l’alluce” (Una paparazzata estiva di Sarah Fergusson e del suo aristocratico amante sorpreso, appunto, col principesco alluce in bocca); “Come cambia la prostituzione”; “Il Vangelo del nuovo libertino”. Il top Rinaldi lo raggiunge l’8 agosto 1996, con una sfilata in copertina di culi femminili. Titolo: “Il fattore C”, Occhiello: “La prevalenza del didietro”. Sommario: “20 pagine posteriormente scorrette”

C’è un’altra grande notizia che rende felici le pantere canute e i ragazzi della via Po. Il farmaco-miracolo: “Viagra la pillola che guarisce” (27 novembre 1997) e che promette di risolvere i problemi dei maschietti «sette volte su dieci». Se la scienza dà una mano, la tecnologia dà l’altra: “L’amore al tempo di Internet” (10 maggio 1996) è un baedeker dell’eros: «Ricerca di partner, lezioni di sesso, immagini choc». Il giornale offre «una guida esclusiva alle passioni online». E le perversioni? “L’Espresso” le garantisce patinate con i maestri dell’erotismo. Richard Avedon spoglia “L’ultima Madonna”, Courtney Love, vedova del leader dei Nirvana Kurt Cobain (“Le perverse”, 8 gennaio 199(). Poi Helmut Newton svela le grazie e i tatuaggi inguinali di Asia Argento (“Peccato d’argento”, 15 gennaio 1998) che, very hot, sibila: «Mentre scattava quelle foto mi sentivo veramente come una bambina in un bordello. Una baby seduttrice, un manichino in un casino».

Il 15 agosto 1996 “la coscia lunga della sinistra” “L’Alba desnuda” si merita una copertina, firmata dal maestro Helmut Newton. La Parietti si era data al cinema erotico, protagonista del film “Il Macellaio” di Aurelio Grimaldi (“ Tutta l’Alba in 3 minuti e 5 secondi”, 19 marzo 1998). La viviseziona l’ultrarecidivo Matelli, cronometrista dell’eros: «Le cose variano quando Alba si masturba sul corpo del macellaio esausto. E’ un assolo da post-femminismo. Alba in questa scena fa pendant col marito che sul podio di Odessa dirige un “Messia”. Lui si sbraccia e lei si mette “a candela”. Lei deve aver toccato in qualche modo il suo punto “G” e il marito, in contemporanea, si contorce sul podio nell’imitazione di Sir Colin Davis». La sceneggiata dell’erotica Alba comunque dura troppo poco, rispetto a quanto promesso: 1 minuto e 19 secondi, secondo il cronometrista dell’eros Matelli. Il problema è grave: eiaculazione precoce.

La Milano by night si distrae a ritmo di samba sotto la Madonnina con bellezze russe, viados brasiliani e droga a fiumi. L’oggetto del desiderio si chiama Lara Souza De Morais, detta Lara, testimone di Geova nata a Goias, in Brasile, 34 anni fa. E’ sospettata di sfruttamento della prostituzione e detenzione di cocaina (“Sesso, Lara e cocaina”, 24 febbraio 2000). Marco Gregoretti sniffa la pista e incassa verbali a luci rosse. Una delle ragazze dell’allegra banda Lara racconta: «Lara mi chiamò in disparte e mi disse di non chiedere soldi ai clienti perché al termine mi avrebbe pagato lei… Preciso che in quella circostanza percepii la somma di 500 mila lire (250 a testa) per i due rapporti orali consumati in bagno in quanto nella stanza c’erano le sorelle che pregavano». I clienti non sono persone qualsiasi, ma stelle del calcio, famosi attori, rampolli della borghesia meneghina. E’ un giro di feste, festini, orge, ammucchiate, che ha come punto di riferimento la discoteca Hollywood. Un imprenditore confessa il costo della spesa: 30 milioni versati a Lara nel gennaio-febbraio 1998, 80 milioni nel maggio-giugno 1998.

“Monica desnuda” (2 novembre 2000) queste cosacce non le fa. Lei, Monica Bellucci, è la protagonista del film “Malèna” di Giuseppe Tornatore. Il regista la intervista per “L’Espresso” e ne esce un curioso faccia a faccia. Si comincia dal potere della seduzione: «E’ chiaro che la bellezza dà una grande forma di potere», ammette la Bellucci: «Io ho scelto un lavoro basato sul desiderio degli altri. Se faccio un calendario nuda, e dopo 36 ore va esaurito, significa che di un certo potere, minimo se vuoi, posso disporre. D’altra parte è naturale. Biologicamente, se ci pensi, la donna cosa vuole? Sedurre l’uomo, proprio da un punto di vista animale. Proprio come la giraffa con il maschio, lo stesso fa la donna».

La “bona” Samaritana non risparmia i particolari della sua prima volta: «Avevo 14 anni, lui 18: E’ stato bellissimo e molto naturale. Dove? In una Lancia».

Flavio Briatore, mister Formula 1 oltre che mister Cambell e presto mister Gregoracci, non se la passa malaccio. Apre le porte della sua nuova creatura a Enrico Arosio (“Io ballo con Naomi”, 3 agosto 200), il Billionaire, il locale di Porto Cervo più corteggiato da sceicchi e calciatori, commendatori della Brianza e stelline. La formula Briatore è semplice: «Io vivo a Londra da 12 anni ma la Sardegna è sempre il posto più bello e a a Porto Cervo mancava un locale adatto (…) a tutti quelli che la sera stanno chiusi nelle case o sulle barche. Inglesi, americani. Amici che da anni vanno a Saint-Tropez proprio per i locali. Ma cosa c’è a Saint-Tropez oltre ai locali? Il mare no, il mare è qui». Ma niente Sardegna per i lettori de “L’Espresso”. Le sempre più resistenti vacanze intelligenti della direzione Anselmi fanno rotta “Alla scoperta delle due Sicilie dei Borbone” (3 agosto 2000).

Grosso scandalo all’università. La ragazza è bella, ha i capelli lunghi, una camicetta bianca e una voce da fatina. Appena entra nello studio del professore si giustifica perché è venuta con una bambina (…). Di certo la bambina resta fuori. Il professore se ne disinteressa e si lancia sulla studentessa. Prima la sfiora tra le gambe, poi le prende la testa. Vuole un rapporto orale. Lei resiste: «No, professore, non me la sento. La prego, qualsiasi cosa ma questo no». Il professore la stringe sul divano e lei l’accontenta in altro modo. Lui resta immobile sulla sedia. Sembra un filmino stile “Il professore riceve l’allieva” e invece improvvisamente la scena cambia. Lei si ferma e comincia a piangere. Lui resta con i pantaloni calati, sul volto un tragico imbarazzo. Gli exploit erotici del professor Ezio Capizzano (“Ecco a voi il Decamerino”, 14 febbraio 2002), docente di diritto commerciale all’Università di Camerino sono immortalati, a insaputa delle sue allieve, dall’emerito studioso in altrettante videocassette. Una trentina di video hard. Non la passerà liscia.

Un altro film erotico molto gettonato in questa stagione ha per titolo “Milingo & Milinga” (6 settembre 2001). Protagonista maschile Emmanuel Milingo. vescovo, guaritore ed esorcista, detto il padre Pio africano. Interprete femminile: la dottoressa Maria Sung, 43 anni, detta “la Milinga”. E dire che all’apice della carriera,« il vescovo africano è una slot-machine, Tra le offerte per le guarigioni e i diritti dei suoi libri, tira su più di un miliardo l’anno. Nel ‘97 i suoi seguaci organizzano una crociera-pellegrinaggio in Grecia con il vescovo a bordo. Costo del biglietto: 2 milioni a testa».

Il 7 marzo del 2001 cambia la direzione. Giulio Anselmi saluta i lettori e in Largo Fochetti da Milano arriva “la direttora”. La milanese Daniela Hamaui. Sempre di Prada vestita e tacchi a spillo esagerati ( la “sciura” a Roma si direbbe che è un tappo…), Daniela detesta il pettegolezzo. E il nudo scompare dal giornale. Le immagini più spinte bisogna cercarle nelle inserzioni pubblicitarie. E anche quando in copertina punta sul sesso, di erotico c’è solo il titolo. Il 25 aprile 2002 la top model Elle McPherson in abito da sera introduce al Porno-chic. “L’orgia chic”, 31 luglio 2003) è illustrata da ragazzetti puritani. Per “Il sesso scatenato” (13 giugno 2002) c’è il faccione di una castissima Laetitia Casta. Insomma, lo scritto osa più dell’immagine. Due esempi: “Caccia al punto G” (25 luglio 2002), dedicata al piacere femminile. E “La predatrice” (7 agosto 2002), la giovane single e spregiudicata che cerca «un maschio per una notte». Ebbene, non ci scappa una tetta nemmeno a pagarla. Il maschilismo di via Po è in rotta. Come le Vacanze intelligenti, ormai una reliquia, La Hamaui propone “L’estate zingara”, dal deserto alla giungla, le vacanze a cielo aperto.

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