Sensazionalismo e pubblicità ingannevole: i casi eclatanti

2022-05-29 03:14:51 By : Mr. Weifeng Gu

Sensazionalismo, partiamo solo dal concetto puro e cerchiamo di darne una definizione. Secondo Oxford Languages Tendenza a divulgare fatti e notizie, per lo più esagerandoli, allo scopo di suscitare un notevole interesse nell’opinione pubblica.

Secondo Treccani In senso polemico, la tendenza di alcuni giornali o periodici a pubblicare e diffondere certe notizie conferendo loro un risalto eccessivo e presentandole come sensazionali.

Secondo Garzanti Tendenza a diffondere notizie sensazionali o a far apparire sensazionali fatti o notizie che non sono tali.

Che si passi da un dizionario più internazionale o locale, il risultato è quasi sempre univoco: il sensazionalismo è una pratica d’uso comune nei giornali, o tra i media che si occupano di informazione. Verità assoluta e univoca? Crediamo di no. Se infatti è vero che questa tecnica di scrittura ingannevole è nata dai quotidiani di carta stampata e ha trovato la sua metamorfosi finale sul web (oggi parleremmo di clickbait), è altrettanto vero che il propagarsi di questa tendenza è sconfinato anche nel mondo pubblicitario sotto forma di “pubblicità ingannevole”.

I giornali scrivono assecondando il nostro malcelato bisogno di “shock” quotidiano, e anche la pubblicità in alcuni casi vuole essere accomodante, servendoci sul suo miglior piatto il nostro prossimo oggetto dei desideri, descritto esattamente nel modo in cui vorremmo leggerlo. È così che quindi una crema diventa miracolosa per il tuo corpo in sole due settimane, una macchina costosa può essere tua con soli 299€ al mese, o un abbonamento telefonico ti promette tutto a un costo irrisorio per sempre.

Ma sappiamo bene che molto spesso i brand mettono in mostra solo la punta dell’iceberg, tralasciando volutamente i dettagli più profondi giustificandosi con il poco tempo a disposizione in tv o sul web.

Nella giornata in cui lo scherzo e la bugia valgono per antonomasia, quello che vedrete qui sotto purtroppo è realmente accaduto, creando non pochi problemi alle aziende protagoniste di queste campagne, sia dal punto di vista della reputazione, che da quello economico.

In campo beauty e cura della persona gli esempi si sprecano. È noto infatti che l’Antitrust da anni cerchi di combattere i grandi brand che inneggiano alla perfezione (o quasi) del corpo dopo l’utilizzo dei propri prodotti. L’esempio più altisonante arriva da Nivea, che non è proprio una novella sul campo. Nel 2008 infatti l’Autorità garante della concorrenza del mercato ha aperto un’esaminazione su uno spot dell’azienda tedesca in cui era promessa la riduzione del girovita fino a 3 centimetri grazie all’utilizzo della crema My Silhouette. L’Antitrust (altro modo per chiamare AGCM), avvalendosi della collaborazione di esperti in materia, ha contestato la validità scientifica delle frasi contenute all’interno dell’annuncio di Nivea (“snellisce e rimodella già in 4 settimane – fino a 3 cm in meno nei punti critici….Test in vivo su 28 donne con misurazione mensile dei risultati in via body scanner in 2 mesi di utilizzo del prodotto”), ufficializzando nel 2010 una multa di 150.000€.

Lo spot, da subito ritirato dall’azienda, non è più visibile, ma qui sotto trovate una nuova versione leggermente modificata e meno sensazionalistica.

Altro giro, altro prodotto “magico”. Nel 2011 è il turno di Giuliani, società produttrice di Bioscalin, il famoso prodotto per capelli in grado (secondo la pubblicità) di ridurre la caduta dei capelli del 79,9%, addirittura aumentandone il diametro del 57,8%. Nello spot ben orchestrato, i numeri e il voice over lasciano presagire che il trattamento sia funzionante su qualsiasi tipo di persona, non specificando al contrario che il test era stato effettuato su un campione di sole 40 persone per altro affette da un tipo di calvizie molto particolare chiamato Defluvium telegenico. Nel 2011 l’Antitrust ha richiesto all’azienda il pagamento di una multa di 150.000€ e la rimozione della pubblicità sia in tv che offline.

Qualcuno ricorderà che nel 2012 Fiat lanciò una campagna pubblicitaria che promuoveva il blocco del costo del carburante ad 1€ al litro per 3 anni dall’acquisto di una nuova automobile. Lo spot, ben fatto anche dal punto di vista creativo, annuncia ad alta voce una promozione che sembrerebbe davvero allettante, se non fosse che in realtà la multinazionale piemontese non comunica che questa agevolazione è legata a un certo quantitativo di litri pre-assegnati su una tessera carburante. Una volta finiti, il costo sarebbe tornato quello di sempre, anche prima dei 3 anni millantati.

In questo caso l’Antitrust ha contestato proprio la mancata chiarezza, multando Fiat per 200.000€.

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Se guardiamo al recente passato, non possiamo dimenticare il polverone alzato dai competitor sugli spot molto aggressivi di Iliad, nuovo operatore telefonico che dai suoi esordi fa leva su prezzi molto competitivi rispetto al mercato. Nel 2019 la compagnia telefonica inaugura una serie di spot che giocano su alcuni slogan sottili, ma chiaramente riferiti ai rivali Vodafone, Tim e Wind&Tre. – Quando scopri la verità non vedi altro – Per sempre – Per davvero Nello spot scoprirete che queste frasi vengono associate alla promozione telefonica di Iliad, facendo poco velatamente intendere che i 3 competitor abbiano per anni fatto pagare troppo caro i loro piani tariffari, o che comunque abbiano inneggiato a promesse su promozioni che poi non abbiano mantenuto. Per quanto questa teoria possa essere vera e dimostrabile, in pubblicità vige una legge che vieta la comparazione o la denigrazione di competitor. Oltretutto gli organi preposti hanno sottolineato come l’offerta economica non sottolinei il pagamento di costi extra come l’attivazione, contestando anche l’ampia copertura di Giga garantiti (secondo l’istituto di disciplina pubblicitaria allo stato attuale delle reti era impossibile garantire una copertura del genere). Iliad è stata costretta a rimuovere lo spot, e quello che vedete qui sotto è una versione aggiornata e in parte corretta.

La promozione termina Domenica, ma di quale anno? Così ci verrebbe da dire pensando agli esperti marketing di Poltrone Sofà, che oltre ad essere artigiani di qualità, sono anche molto abili nell’inanellare continue catene di promozioni che usano l’urgenza come leva costante.

Ultimi giorni… ultimi divani… solo fino a domenica Queste sono solo alcuni dei claim utilizzati dall’azienda in tante pubblicità che a volte si sovrappongono tra di loro, lasciando l’utente in dubbio su quale sia la reale durata della promozione, ma soprattutto sull’esistenza reale dello sconto.

Tutto questo si è tradotto in multe salate (come quella da 500.000€ del 2014) e continui fascicoli aperti sulla scrivania dell’Antitrust, che proprio nel recente 2020 è tornata all’attacco per i metodi di comunicazione fuorvianti dell’azienda di Forlì.

Chiudiamo con il più grande tra i giganti, perchè anche Apple si è fatta pizzicare dall’Antitrust. 

Nel Novembre del 2020 infatti Apple Distribution International e Apple Italia sono state multate per 10 milioni a causa della poca chiarezza riguardo alla resistenza all’acqua di alcuni suoi modelli di Iphone (iPhone 8, iPhone 8 Plus, iPhone XR, iPhone XS, iPhone XS Max, iPhone 11, iPhone 11pro e iPhone 11 pro Max). L’azienda di Cupertino dal 2007 a oggi ha pubblicato spot di grande pregio in cui si può vedere lo smartphone che resiste a schizzi, nuotate profonde nel mare e molto altro, senza però specificare che soltanto l’acqua statica e pura non può danneggiare l’iPhone.

La mancata chiarezza, ma soprattutto la mancata assistenza a molti clienti possessori di Iphone che vedevano la garanzia respinta davanti ai centri di riparazione, ha costretto l’Antitrust ad agire con questa sanzione a sette zeri. Qui sotto alcuni spot in cui Apple esalta le caratteristiche waterproof di iPhone negli anni.

Nonostante, come avete visto, gli spot che vi abbiamo riportato siano poi stati multati, modificati e in alcuni casi addirittura cancellati dalle programmazioni, resta aperta una riflessione sulla tempistica: ha senso cancellare o modificare una pubblicità che in alcuni casi è rimasta visibile per oltre un anno? L’effetto ingannevole che ha prodotto sui consumatori probabilmente sarà già stato irrecuperabile.

Della pubblicità ingannevole, che passa spesso da un uso sensazionalistico di slogan e immagini, non ci libereremo così facilmente, ma anno dopo anno, abbiamo sempre più strumenti ed esperienza per riconoscerla. Ci leggiamo presto!

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