“La candela di Caravaggio”: il segreto legame tra teatro e pittura 

2022-07-23 03:33:06 By : Ms. Rightint Rightint

Quale è il legame tra teatro e pittura? Questo l'interrogativo che si pone il prof. Nicola Fano nel libro Elliot: "La candela di Caravaggio”

La rappresentazione pittorica, le figure che danzano sul piano della prospettiva come corpi vivi, la tempera che suggella la luce, inganna i sensi e plasma le forme. L’arte pittorica appare istintivamente sorella della rappresentazione teatrale. Il palco e la tela condividono l’intimo segreto del fascino dell’immagine, l’occhio che ritrova nel riflesso dell’arte la sua redenzione, la catarsi. 

La candela di Caravaggio del prof. Nicola Fano, edito dalle edizioni Elliot, indaga il profondo legame tra la messinscena teatrale e l’opera d’arte pittorica. Qual è il recondito filo rosso che unisce nelle viscere dello sguardo il duro legno del palco e il fine crine del pennello sulla tela? L’interrogativo, immediatamente risolvibile solo per l’istintivo processo di interpretazione sensoriale, nasconde invece al senso logico un bivio complesso. Come Ercole viandante difronte alla biforcazione del sentiero, metafora della difficile scelta morale, il legame tra teatro e pittura si inerpica, nella sua riflessione sulla comunanza fraterna, tra il dettato aristotelico della mimesis, verosimiglianza mimetica della natura, e, viceversa, il giocoso inganno dell’arte, la finzione artistica. 

In altre parole, il teatro e la pittura, si riscoprono sorelle per conformità all’immagine naturale, in quanto aspirazione iscritta nella natura umana di imitare il vero, secondo la Poetica di Aristotele, o al contrario per la capacità di organizzare lo spazio, le figure, fingendo, superando il velo di ciò che appare veritiero e sconfinando nell’impossibile?  Nicola Fano, professore di Letteratura e Filosofia del Teatro dell’Accademia Albertina di Belle Arti, appare suggerire come cuore della fratellanza tra teatro e pittura proprio il filo rosso della finzione. 

Accumunati dal riverbero dello sguardo, pittura e teatro appaiono in primis legati dalle necessità ingannatrici della vista. Se l’arte pittorica è l’arte di guardare per eccellenza, come spiega Fano, allo stesso tempo non si può dimenticare come il lemma latino di teatro sia etimologicamente derivato dal verbo greco theomai, guardare appunto. L’altro elemento comune fondamentale, legato a questo primo rapporto filiale con la vista, è l’organizzazione dello spazio, la messinscena. Quest’ultimo punto a sua volta si lega alla conquista spaziale della prospettiva, non solo, come spiega Panofsky, innovazione tecnico-matematica ma simbolicamente il definirsi della nuova “antropocrazia” che giunge a conquistare lo spazio oggettivandolo.

La struttura della rappresentazione pittorica diviene dunque spazialmente affine alla distribuzione teatrale degli interpreti del dramma dinnanzi al sipario. Sulla penna di Fano corrono i variegati profili delle opere e degli autori protagonisti in modo determinante di questa felice corrispondenza incentrata sulla finzione. Da Paolo Uccello al San Marco di Tintoretto fino a giungere all’illuminotecnica del Caravaggio, lo spettacolo dell’arte accompagna e antecede la rinascita del teatro moderno, storicamente segnata, dopo la cesura giustinianea, dalla data del 1545, quando a Padova un contratto notarile sanciva la nascita di una compagnia professionale della Commedia dell’arte. 

Sorprende tra i tanti, in questo continuo rimando di specchi della rappresentazione, il caso di Annibale Carracci, pittore bolognese noto nella Roma papalina, che nel 1585 dipinse il ritratto di un uomo nobile, con blusa nera orlata con colletto bianco in pizzo, lettera nella mano destra e la sinistra appoggiata con naturalezza su un teschio umano. L’iconografia shakesperiana rimanda la mente, senza dubbio (come son sempre gli scherzi del destino), ad una derivazione diretta dall’Amleto. Un brusco risveglio svela che l’opera venne realizzata al contrario ben sedici anni prima il debutto assoluto dell’opera del genio di Stratford. Ancora una volta la vista beffa la logica e la verosimiglianza si rivela la migliore delle finzioni. 

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