La sfilata Fendi s/s 2023: funzione e minimalismo anni Novanta | Style

2022-09-24 05:29:14 By : Mr. Ken Wong

La ricerca di una compatibilità fra ieri e l’oggi, fra la storia scritta dal marchio e la sua rilevanza nel contemporaneo: la collezione primavera/estate 2023 di Fendi, così com’è stata organizzata dal direttore artistico per la linea Donna Kim Jones, è uno sviluppo di codici che tenta di stabilire un linguaggio. «Ciò che mi interessa in particolar modo di Fendi è esplorare la nozione di utilità funzionale insieme alla femminilità, perché le donne di Fendi sono donne forti con vite colme e impegnate» dice Jones, reduce dalla sfavillante celebrazione dei 25 anni della Baguette della scorsa settimana a New York.

In questo suo scandagliare il significato del marchio, Jones compie continui viaggi fra il passato e il futuro fissando il presente in una sorta di frammentazione dei due estremi. In più, il metodo di lavoro di Jones nasce dalla continua mescolanza di esperienze per cui nella sua direzione del womenswear di Fendi funziona come un esperto direttore d’orchestra che dirige molti strumentisti che conoscono benissimo la partitura, che sanno bene quando entrare con il loro strumento e dare il giusto colore alle note che suonano. L’aspetto eccezionale è che da Fendi tutto poi si ricompone in quella narrazione di «famiglia» che è quella dalla quale nasce il marchio. News, approfondimenti, tendenze, tecnologie, materiali e protagonisti: tutto quello che c’è da sapere sul mondo dell’orologeria. Iscriviti subito alla newsletter

Questa volta, e per la collezione Fendi SS 2023, la partitura è quella scritta da Karl Lagerfeld nel suo lavoro per Fendi dal 1996 al 2002, anni di minimalismo e di pulizia in cui lo storico direttore creativo del marchio romano ha portato nel pàp italiano le elaborazioni dell’obi, del kimono e del tablier (il famoso abito francese che nasce dal grembiule che si sovrappone al resto quando si serve a tavola), essenziali linee in forma di vestiti che hanno raccontato in un certo senso il minimalismo di Fendi. «Si tratta di continuità. Mi interessa guardare alle cose che ha fatto Karl e vedere come possiamo svilupparle, sia visivamente sia tecnicamente. Ecco, quindi, le giacche e i soprabiti con la cintura obi che si stringe nel punto vita sotto la schiena, il tablier in pelle traforata, la maglieria in visione che però sembra lana infeltrita, i pantaloni cargo in seta pastello, le canotte e gli scapolari traforati in pelle, soprabiti che sono kimono scomposti, abiti e gonne sottoveste, trasparenze sovrapposte. A questo punto interviene Delfina Delettrez Fendi che è la strumentista che si occupa dei gioielli in cui, dice, «il logo quasi scompare nell’architettura funzionale che sospende ogni pietra» mentre l’altra strumentista di quest’orchestra polifonica, Silvia Venturini Fendi che si occupa degli accessori, taglia una Peekaboo a metà per rivelarne i meccanismi e costruisce modelli piccoli e grandi perché, dice, «In Fendi anche le borse diventano parti di una famiglia: grandi e piccole».

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